Patanjali e gli 8 componenti dello Yoga - Asana
- Daniela Levari
- 9 ago
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LE POSIZIONI YOGA
Asana negli “Yoga Sutra” di Patanjali è tradotto semplicemente con Posizione Comoda e Stabile.
Asana (devanagari: आसन, IAST āsana) sono posizioni o posture utilizzate in alcune forme di yoga, in particolare nello Hatha Yoga. Il termine viene tradotto al maschile per convenzione degli studiosi di Sanscrito. La funzione degli asana è direttamente collegata alla fisiologia indiana, fondata sul sistema sottile. Secondo tale sistema, attraverso l'assunzione di diverse posizioni del corpo, il praticante diviene in grado di purificare i canali energetici (Nadi), incanalare l'energia verso specifici punti del corpo ed ottenere così un notevole beneficio psicofisico.
Gli asana conosciuti sono alcune migliaia; ciascuno di essi porta un nome derivato dalla natura (soprattutto animali), o dalla mitologia induista. Gli asana vengono spesso integrati con mudra (gesti simbolici delle mani), prāṇāyāma (tecniche respiratorie) e mantra (suoni) allo scopo di modificarne o potenziarne gli effetti.




Asana, tradotto dal sanscrito, significa posizione, stato di fermezza. È uno stato dell’essere e, per definizione, ci sono migliaia di Asana che si potrebbero raggiungere.
Questo è il motivo per cui Patanjali, fondatore del Raja Yoga di cui l’Ashtanga Yoga è il cuore, non ha menzionato i dettagli e i nomi di molte Asana.
Patanjali nel suo 46° Yoga Sutra definisce Asana come SthiraSukham, che significa posizione stabile e confortevole. Originariamente sthira (stabilità) sukham (facilità).
Se non si riesce a raggiungere la posizione ideale come descritta nei testi, ma la posizione è stabile e la si può mantenere a lungo, allora è Asana.
Se si riesce a raggiungere la posizione ideale come descritta nei testi, ma non la si può mantenere perché instabile, allora non è Asana.
Questa ricerca verso una maggiore consapevolezza del proprio corpo attraverso le Asana viene definita in Sanscrito Samapatti (corretta acquisizione della verità). Patanjali nel suo 41° Yoga Sutra la descrive paragonandola alla caratteristica che ha un cristallo di riflettere le cose:
“Quando le turbolenze del sistema mentale si acquietano ci si trova in una condizione di recettività simile a quella del cristallo che riflette le cose”
Nello stato di Samapatti l’ascolto non è verso quello che ci viene insegnato di fare, ma è rivolto verso il sentire quello che facciamo in modo recettivo. Il tutto accompagnato dalla possibilità di darsi tempo, senza intervenire in modo violento, ma arrendendosi a quello che si è in quel preciso momento ed avendo chiaro il concetto che quello è solo il punto di partenza. Ascoltare è alla base del Samapatti.
“Rilassamento o riduzione dello sforzo e immedesimazione con l’infinito”

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